L’Occhio del Gufo – recensione
“L’Occhio del Gufo” è il primo volume della trilogia del Sole Pallido di Andrea Butini, una saga dark fantasy pubblicata da Mondadori.
Questa trilogia è stata un piccolo fenomeno editoriale. Come autori e lettori ben sanno, è difficile trovare nella collana Oscar Vault di Mondadori qualche nome italiano. Eppure Andrea Butini ce l’ha fatta, per altro da autore esordiente di un sottogenere fantasy che non va per la maggiore.
Era inevitabile, quindi, che la pubblicazione di Andrea diventasse un fatto degno di nota. I lettori della trilogia del Sole Pallido sono tanti e si sono sono espressi con voci a volte discordanti.
Anche io ho letto “L’Occhio del Gufo”. Ecco la mia recensione.
Trama
Nella foresta di Rokthan, un piccolo, insignificante villaggio come ce ne sono tanti, gli animali cominciano a sparire. Sorin, un cacciatore, cerca di comprenderne il motivo. Ma la diminuzione delle prede non è la sua unica preoccupazione: da un paio di giorni, infatti, suo figlio Jas è vittima di strane crisi di violenza. Intanto, un vecchio straniero dall’aspetto emaciato che si fa chiamare Maestro fa la sua comparsa nel paese, portandosi dietro una scia di sangue e di misteri. Per indagare, il capitano Swain è costretto a chiedere aiuto al conciliatore Neth Roven, un uomo distrutto dalla perdita della moglie. E mentre i due si mettono sulle tracce del Maestro, altri eventi inquietanti rompono la quiete di Rokthan: stanno per giungere i pacificatori, soldati della lontana Vanhorn. E sembra che abbiano intenzioni tutt’altro che buone. Cosa sta succedendo davvero? Che collegamento c’è tra le prede scomparse, le crisi del piccolo Jas e l’arrivo del Maestro? E perché un borgo dimenticato da tutti è diventato improvvisamente così importante?
Recensione
“L’Occhio del Gufo” è un romanzo con un’ambientazione cupa, nella migliore tradizione dark fantasy. A Rokthan, il villaggio in cui si svolgono le vicende, la miseria regna sovrana e le persone sono impegnate principalmente a sopravvivere.
I primissimi capitoli ci portano in una locanda squallida, frequentata da avventori beceri e brutali – molto grimdark. Lì facciamo la conoscenza di Luin, un ragazzo abituato a sopportare le vessazioni del padre e della sorella, e del Maestro, un enigmatico personaggio che sembra fin dall’inizio conoscere molti degli oscuri segreti di Rokthan e delle sue ombre.
L’ambientazione si svela man mano: esiste l’Alto, un personaggio che ha nelle sue mani il destino del mondo, delle Casate pronte ad obbedire al suo volere e un Credo che adora il Cerchio della Luce e sostiene che che il bene o il male fatto torneranno indietro in egual misura.
Rokthan è un anonimo villaggio lontano da tutto e apparentemente slegato dalle dinamiche del potere centrale, ma presto si scoprirà che non è così.
La trama si sviluppa sospinta dai diversi personaggi e dai loro pov. Oltre al mediocre e piccolo Luin e al misterioso Maestro, facciamo la conoscenza di Sorin, l’ombroso cacciatore, di suo figlio Jas, di Neth, il conciliatore con il cuore pesante per la perdita della moglie, e Victor, il capitano di ghiaccio.
Importanti ai fini della vicenda sono anche l’esecutrice Shai e suo fratello Frey (personaggio che ho adorato particolarmente). Tutti quanti sono impegnati – ciascuno con una motivazione diversa – nella ricerca di un artefatto, l’Occhio del Gufo. Questo oggetto magico è legato all’apertura di alcune soglie che consentono il passaggio dei noctus, creature di orrore e ombra, nel mondo conosciuto.
Sembrava tutto così in bilico. Come se le fiammelle avessero potuto spegnersi, e le braci freddarsi di colpo. Come se il profumo avesse potuto divenire il tanfo di cibo avariato. Come se il respiro preoccupato avesse potuto trasformarsi in un pianto disperato.
L’Occhio del Gufo, Andrea Butini
Lo sfondo sul quale si muovono i personaggi non è dei più originali (non che un’ambientazione per essere valida debba essere per forza rivoluzionaria): “L’Occhio del Gufo” è un po’ il classico fantasy con ambientazione anglosassone. Però c’è da dire che Andrea Butini prende degli elementi effettivamente classici e li tratta sapientemente, creando nel lettore un senso di familiarità e soddisfazione.
Interessante il sistema magico. Abbiamo la deleomanzia: in questo primo volume viene accennata e si iniziano a vedere i primi deleomanti in azione, ma mi aspetto che nel prosieguo della saga diventerà sempre più protagonista. Ho trovato inoltre molto d’effetto un’abilità utilizzata da un personaggio secondario, una Veggente delle Sabbie: costei, al contatto con la sabbia, inizia a provare una spiccata empatia che si traduce addirittura in alcune visioni.
Meno particolare è il noctus, il mostro che i nostri protagonisti devono affrontare. Ma una creatura fatta di oscurità impalpabile fa sempre il suo effetto.
La trama inizia lentamente, si prende il suo spazio per presentare tutti i personaggi e a ricostruire, boccone dopo boccone, l’ambientazione. Da un certo momento in poi però ha un’impennata, condita di scene d’azione e combattimenti. Sul finale poi c’è un colpo di scena che per me è stato inaspettato. Anche se non lo rivelerò per non rovinarne l’effetto a potenziali lettori, posso dire che mi ha suscitato una reazione simile a quella che io (e probabilmente molti altri) ho avuto leggendo le ultime pagine de “Il gioco del trono” di George R. R. Martin.
In ogni caso, più che plot driven, “L’occhio del gufo” è a mio avviso un romanzo character driven. I personaggi sono il vero punto di forza, con le loro ombre, i loro difetti, le loro angosce, i loro dubbi.
In questo romanzo ci sono molti personaggi e numerosi pov, tuttavia l’autore non si ripete mai: ciascuno ha le sue particolarità e connotazioni, risultando perciò immediatamente distinguibile.
Altro merito di Andrea è la connotazione estremamente umana degli uomini e delle donne che vivono nelle sue pagine. In questo senso, ho particolarmente apprezzato i personaggi più inetti (nel senso sveviano del termine): Neth e Luin.
All’interno de “L’Occhio del Gufo” la violenza non manca, e non ha solo la forma di spadate e stilettate che i personaggi si regalano a vicenda. C’è anche un episodio particolarmente pesante che riguarda un personaggio giovane e innocente, accolto nel silenzio della comunità che lo circonda. Trovo che l’autore sia stato abile a trattare questo episodio nel modo giusto; vista la delicatezza della scena sarebbe stato facile fare uno scivolone, ma così non è stato. Ciò che succede a questo personaggio è purtroppo molto verosimile, per questo motivo lo sdegno e la rabbia provati dal lettore sono forti.
Interessante inoltre l’accenno alle dinamiche di potere e agli aspetti più politici, che si percepisce già avranno più spazio nei volumi successivi.
Per concludere con un accenno allo stile, “L’Occhio del Gufo” è un romanzo ben scritto. Sicuramente non perfetto, ci sono degli aspetti migliorabili e un goccino in più di editing non avrebbe fatto male. Tuttavia è un libro che si fa leggere bene, che intrattiene e risulta godibile. L’abilità dell’autore di calare il lettore nella mente dei personaggi mi ha consentito di empatizzare con ognuno di loro, anche quelli che hanno meno spazio. In alcuni punti, tuttavia, ho l’impressione che Andrea calchi un po’ troppo su alcune riflessioni e meccanismi mentali, con il rischio di diventare ripetitivo.
Ho apprezzato molto la scelta dell’autore di iniziare ogni capitolo con un trafiletto: tutti insieme, collegati, costruiscono un nuovo filone narrativo, che contribuisce a costruire l’ambientazione al pari del filone principale.
In definitiva, “L’Occhio del Gufo” è una lettura che ho apprezzato molto e che getta della basi solide per una trilogia che promette molto bene.
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