Norne, Parche e Moire: mitologie a confronto
Spesso miti afferenti a culture diverse tra loro, per epoca e collocazione geografica, presentano sorprendenti similarità. È il caso, ad esempio, della figura delle tessitrici del destino: le Moire, le Parche e le Norne.
Mitologia greca
Nella mitologia greca compaiono le Moire: figlie di Zeus e Temi (o Ananke, secondo un’altra versione del mito). Al momento della nascita di un essere umano, decidevano il loro destino. Cloto filava il filo della vita, Lachesi lo tesseva, dispensando la sorte sotto forma di fili dorati per i giorni felici e fili neri per i giorni di sventura. Era Lachesi, inoltre, a determinare la lunghezza del filo e, di conseguenza, quanto sarebbe stata lunga la vita di un uomo. Infine Atropo, quando veniva il momento, tagliava il filo con un paio di cesoie, segnando la fine della vita.
Si tratta di tre figure femminili, spesso rappresentate come delle vecchie, che dimoravano nell’Ade.
La loro capacità di decidere il destino di uomini ed eroi le poneva al di sopra persino degli dèi, in quanto nessuno degli Olimpi era in grado di cambiare ciò che le Moire avevano stabilito.
Nella Teogonia di Esiodo, le Moire vengono rappresentate due volte, una come figlie della Notte, una come figlie di Zeus e Temi. Nei poemi omerici invece compare una sola Moira, e viene presentata come dea della sventura e della morte.
Anche Dante, nella Divina Commedia, cita Cloto e Atropo, rispettivamente nel Canto XXI del Purgatorio e nel Canto XXXIII dell’Inferno.
Mitologia romana
Le Parche sono il corrispettivo romano delle Moire. I miti più antichi si riferivano a una sola divinità, Parca, che presiedeva alla nascita. Successivamente fu affiancata da Nona e Decima, che presiedevano gli ultimi mesi della gravidanza. Infine la figura di Parca venne sostituita con quella di Morte.
Le Parche erano figlie di Giove e di Temi e stabilivano il destino degli uomini. La loro figura venne sempre più assimilate a quella delle Moire, e così anche le Parche vennero intese come divinità che filavano il filo della vita, lo tessevano e infine lo recidevano. Le loro decisioni erano immutabili, nemmeno gli dèi potevano fare nulla per cambiarle.
Quali divinità che presiedevano il fato, vennero chiamate anche Fatae.
Le Parche vengono citate da Virgilio nell’Eneide: ad esse è dedicato il famoso verso “Sic volvere Parcas” (Così filano le Parche). Appaiono anche nei Sepolcri di Foscolo, associate ai moribondi durante la battaglia tra Greci e Persiani.
Anche l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto le cita, descrivendole come donne intente a filare le vite dei mortali.
Mitologia nordica
Le Norne sono le dee del destino nella mitologia nordica. Dal loro volere dipende la sorte degli uomini, e la loro volontà è inappellabile.
Spesso vengono ricordate come figure ostili, che dispensano sfortuna e morte. Ma sono capaci anche di dispensare un felice destino agli eroi da loro scelti.
Le Norne compaiono nel Ciclo di Sigurðr, in particolare nel canto dedicato al Dialogo di Fáfnir: sono un gruppo numeroso di divinità indistinte, alcune provenienti dalla stirpe degli Asi, altre da quella degli elfi o dei Vani.
Nella Vǫluspá e nell’Edda di Snorri si parla di tre di loro in particolare: Urðr, Verðandi e Skuld. Dimorano presso Yggdrasill, accanto all’Urðabrunnr, il pozzo di Urd, anche detto fonte del destino. Il loro compito è quello di attingere acqua e argilla e irrorare le radici di Yggdrasill, per evitare che si secchino o marciscano.
Compito delle Norne è inoltre di recarsi presso ogni creatura umana che nasce per deciderne la sorte, quindi ne predisponevano il destino torcendo i fili del fato.
Urðr rappresenta il destino stesso, Verðandi il divenire, mentre Skuld (“debito”, “colpa”) rappresenta il compito che a ciascun uomo è affidato nella vita. Skuld è definita da Snorri come la più giovane tra le Norne. In altre fonti appare come valchiria.
Le Norne vengono descritte anche come intagliatrici di rune: utilizzavano piccole assi e tavolette, per trascrivere le diverse vite delle creature dell’universo. Anche per questo si dice che nella trama del destino sono tessute le rune.
Al loro potere sul destino si fa risalire la ragione per cui sull’unghia della Norna sono incise le rune.
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