Il castigo di Loki nella mitologia nordica
Un mito che mi ha da sempre affascinato è quello del Dio incatenato della mitologia nordica, Loki, e del suo terribile castigo.
Baldr era il più bello e più amato tra tutti gli Dei. Si narra che iniziò ad avere degli incubi, presagio di terribili pericoli. Suo padre Odino, preoccupato, decise di scoprire di più su queste visioni.
In groppa a Sleipnir, il suo cavallo dotato di otto zampe, raggiunse Niflhel, il più infimo dei mondi. Lì invocò una Veggente defunta e la interrogò sulla sorte che attendeva Baldr.
Nonostante le reticenze della Veggente, Odino scoprì che un destino di morte attendeva suo figlio. Ella profetizzò inoltre il crepuscolo degli Dei, una grande disgrazia che avrebbe segnato la fine del mondo divino.
Allarmato da ciò che aveva scoperto, Odino ritornò ad Ásgarðr. Tutti gli Æsir concordarono che Baldr andava protetto a ogni costo.
Frigg, sua madre, si recò quindi da tutti gli esseri viventi, e chiese loro di giurare che non avrebbero mai fatto del male a suo figlio. Giurarono tutti: animali, acqua, fuoco, pietra, terra, alberi. Persino le malattie.
L’unico che non promise fu una piantina di vischio, che Frigg reputò troppo giovane per prestare giuramento. Ma pareva così inoffensiva che la Dea non se ne preoccupò.
Sembrava che Baldr fosse davvero al riparo da ogni male. Anche gli Dei si sentivano più tranquilli, per lui e per le sorti di tutti in generale.
Il senso di sicurezza che nutrivano li portò a inventare un nuovo gioco: durante le assemblee mettevano in mezzo Baldr, e gli scagliavano contro qualsiasi oggetto. Si divertivano poi a vedere che tutto, bastoni, sassi o altro, rimbalzava su di lui senza scalfirlo.
La morte di Baldr
Loki, Dio dell’inganno, era l’unico a non essere felice di quella ritrovata armonia. Utilizzando uno dei suoi travestimenti, si recò da Frigg e cercò di indagare per sapere se Baldr fosse veramente invulnerabile.
Non riconoscendolo, la Dea gli parlò del mancato giuramento del vischio.
Era proprio ciò che Loki voleva sapere.
Si procurò un ramoscello di vischio e, durante una delle assemblee divine, avvicinò Höðr, fratello di Baldr.
Il Dio se ne stava in disparte perché era cieco, e non poteva quindi partecipare al gioco di tutti gli altri, che scagliavano oggetti contro Baldr.
Loki gli fornì il ramoscello, invitandolo a partecipare: ci avrebbe pensato lui a indicargli la direzione in cui lanciare.
Così fecero: Höðr scagliò il vischio e questo trafisse Baldr come una freccia, causandone la morte.
Lo sgomento e il dolore degli Dei fu immenso.
Frigg, terribilmente addolorata, promise la sua devozione e riconoscenza a chiunque avesse accettato di andare nel Regno dei Morti a recuperare l’anima di Baldr.
Si offrì Hermóðr, uno degli Æsir e figlio di Odino. In groppa a Sleipnir, cavalcò per nove notti, attraversando valli oscure. Giunto a destinazione, implorò la Dea Hel di lasciare andare Baldr, in quanto la sua morte aveva causato un grave lutto tra gli Dei.
Hel accettò, ma a una sola condizione: voleva una prova del grande amore degli Dei per Baldr. Solo se tutti gli esseri, viventi e non, avessero pianto il Dio, allora avrebbe acconsentito al suo ritorno a casa.
Hermóðr riportò la richiesta ad Ásgarðr. Subito molti messaggeri vennero fatti partire, e iniziarono a chiedere a tutte le creature di piangere. Ma una gigantessa di nome Þökk si rifiutò. La richiesta di Hel non venne quindi soddisfatta, e Baldr rimase nel regno dei morti
Si narra che Þökk non fosse altro che Loki sotto mentite spoglie: egli fu quindi due volte responsabile del triste fato di Baldr e della disfatta degli Dei.
Persa per sempre la possibilità di riavere Baldr tra loro, gli Dei cercarono la loro vendetta. Höðr venne ucciso, e a Loki venne riservata una pena anche peggiore.
Il castigo di Loki
Vali e Narfi, figli del Dio dell’inganno, vennero catturati, e il primo fu trasformato in un lupo. Questa nuova foggia animalesca eliminò ogni briciolo di coscienza umana, così Vali sbranò suo fratello, non riconoscendolo più.
Con gli intestini di Narfi, Loki venne legato in una grotta. Un serpente velenoso venne appeso sulla sua testa, così che il veleno gli gocciolasse sul volto.
Ma Sigyn, moglie di Loki, veglia accanto a lui e regge un catino per raccogliere il veleno. Quando è colmo, lei è costretta ad allontanarsi e vuotarlo. Il veleno allora riprende a colare sul Dio, causandogli indicibili sofferenze.
Loki quindi si scuote con tutte le sue forze, facendo tremare la terra. È questa l’origine dei terremoti secondo la mitologia nordica.
Loki resterà prigioniero fino alla fine dei tempi. Quando giungerà la fine del mondo, guiderà le forze del male alla battaglia contro gli Dei.
Vedo giacere legato, sotto il bosco di Hveralund, un’infausta figura che rassomiglia a Loki.
Sigyn siede là, accanto al suo sposo, per nulla entusiasta di lui.
E tu, ne sai forse di più?
Edda poetica, Vǫluspá
Il mito della punizione di Loki mi è stato fonte d’ispirazione nella crittura del mio racconto, Veleno, pubblicato nella raccolta “Danza Macabra: Ricordati che devi morire”.
Il protagonista è legato in una grotta, mentre un serpente fa colare il veleno sul suo viso. Una donna accanto a lui regge una ciotola.
Tuttavia i personaggi di cui racconto non sono Loki e Sigyn.
Veleno è un fugace ritorno nella tundra preistorica in cui ho ambientato i miei due romanzi: Il Sangue della Veggente e La Scelta della Dea.
Fonte: I Miti Nordici, Gianna Chiesta Isnardi
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